In una vita precedente sono stato imprenditore e ricordo che mi capitava spesso di dover firmare una montagna di documenti, a volte piuttosto insensati. Per aprire un conto in banca, ad esempio, parecchie pagine erano dedicate alla privacy… mi chiedo poi se qualcuno ha mail letto quelle pagine, eppure la carta costa. Sempre in banca c’era quasi sempre da firmare “l’antimafia”. Due cose mi facevano sorridere: prima di tutto il fatto che ogni tanto era da firmare e ogni tanto no, mai capita la logica, forse ogni tanto l’ultimo “antimafia” firmato scadeva e aveva bisogno di una rinfrescata… il secondo aspetto buffo del modulo era nella sua stessa concezione: in pratica una o più pagine di dichiarazioni e autocertificazioni si potrebbero riassumere in una sola domanda: sei un mafioso? Sì – No.
E anche questo concetto apriva nella mia giovane e ingenua mente una serie di dubbi. Un vero mafioso cosa farà ? Dichiarerà con onestà e coscienza la sua appartenenza a cosa nostra? Un semplice affiliato, un simpatizzante, cosa deve rispondere a questa domanda? Non era prevista una via di mezzo, probabilmente in via prudenziale il simpatizzante mafioso doveva rispondere onestamente “no”, almeno fino al sopraggiungere di una sentenza per associazione, sia pure in primo grado. Certo che con i tempi della giustizia doveva aspettare parecchio…
Un documento però molto meno buffo è quello citato in un articolo del corriere della sera di ieri, e riguarda il famigerato DURC, il Documento Unico di Regolarità Contributiva.
Se non sapete cos’è siete fortunati ma non vi preoccupate, è facile da spiegare, nonostante il nome che incute un certo reverenziale timore.
Uno dei problemi dello stato è quello di non favorire chi non si comporta bene. In altre parole la Repubblica Italiana ha deciso di non volere tra i suoi fornitori gli evasori fiscali. Ottima idea. Qualche astuto burocrate ha intuito che una auto-dichiarazione firmata dall’imprenditore non era troppo attendibile, forse si sono fatti un’esperienza proprio col modello antimafia e hanno deciso di non fidarsi quindi no, non basta un semplice modulo firmato, neppure se la firma apposta incrociando gli occhi e dicendo ad alta voce “giurin giuretto”, per sapere se l’aspirante fornitore dello stato è in regola con le tasse ci vuole un bel modulo, con timbri e ceralacche, fornito da un altro ente, da un certificatore. Mica possono fidarsi dell’imprenditore…
Ricapitoliamo: lo stato ha bisogno di un fornitore, per esempio ha bisogno di comprare una nuova scorta di temperamatite per il Comune di Velletri. Viene istituito un bando di gara (ci vuole una gara d’appalto, è giusto, la trasparenza…), tutti gli aspiranti fornitori per partecipare devono presentare in triplice copia l’offerta economica, tre fotografie del temperino proposto e soprattutto il DURC.
Questo benedetto documento in buona sostanza serve a certificare che la ditta aspirante fornitrice è in regola, che paga regolarmente tasse e contributi previdenziali. Ottimo, grande idea. All’atto pratico nella stragrande maggioranza dei casi sono i commercialisti a svolgere l’ingrato compito di farsi rilasciare i vari certificati dagli enti previdenziali e dall’agenzia delle entrate. Intendiamoci: mica gratis, il DURC costa. Per amor di precisione va anche detto che il burocrate ha fatto le cose perbene: il DURC scade. Già perchè non è detto che chi è in regola con il pagamento delle tasse oggi lo sia anche domani, meglio non fidarsi. Tanto più che così poi lo stato lucra un po’ sulle marche da bollo e dà un po’ di lavoro ai commercialisti, tutto fa PIL!
Quindi un’azienda per poter diventare fornitrice dello stato deve farsi rilasciare una certificazione dallo stato. Sì ma è un altro ente, si dirà , poi di enti previdenziali ce ne sono tanti, non c’è mica solo l’INPS… sarà ma a me continua a sfuggire la logica, non dovrebbe essere lo stato a fare questi controlli? Si potrebbe anche entrare nel merito di cosa vuol dire “regolarità contributiva” ma questo discorso sarebbe assai complicato e per il momento vorrei soprassedere su questo aspetto.
Quello che qui volevo sottolineare è che a volte, non sempre ma non così di rado, tutto questa carta produce delle vicende kafkiane, nell’articolo del corriere è riportato il caso di un artigiano che non è riuscito ad avere questo stramaledetto DURC per non aver pagato una cinquantina di centesimi… mille lire… mezzo caffè al bar. A me pare una roba da matti…
Sarebbe interesse poter capovolgere il concetto, poter chiedere allo stato nelle sue varie estensioni e ramificazioni una certificazione prima di chiedere soldi a cittadini e imprese. Vuoi il canone RAI? Certifica di non aver trasmesso troppi programmi di merda. Vuoi i soldi della spazzatura? Facci vedere il certificato: le strade sono pulite? Dove finisce la rumenta? A che punto siamo con la differenziata?
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